La tirannia della memoria

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Carpe diem, il latino che ho imparato con la testa fra le nuvole a qualcosa serve. Quel motto mi sembra ancora una volta un invito a non subire la vita e la sorte, a cercare la luce dell’alba del tramonto delle stelle, quel che ci resta del Paradiso. Una fuga verso l’eternità.

 

Il titolo La tirannia della memoria, a pagine non ancora aperte, mi ha fatto pensare al giovane e bravissimo filosofo Diego Fusaro che seguo sempre con attenzione, amando fra l’altro la filosofia. Fusaro dà alla “tirannia della memoria” un significato negativo. Perché è un esercizio che condiziona il nostro vivere sociale-economico-politico, in quanto l’uomo non è in grado di rigettare gli errori e le tragedie del passato. Anzi, la “tirannia” condiziona il presente e il futuro, scoraggiando passioni nuove. Insomma, “leggendo” male la memoria, con ideologie distorte e conservatrici, l’uomo mette un macigno davanti a sé, si autolimita.
Questo è il verbo di Diego Fusaro. Il verbo di Luciana, per fortuna, non ci impegna tanto. Non ha voli pindarici e filosofici. E non è un male, essendo la narrativa, specie quella dei racconti, portatrice di evasioni e di godimento. L’archivio della Censi non conserva tragedie o episodi rompi-cervello. Custodisce spaccati di vita familiare, con i nonni, il papà, la mamma, i primi amori, la natura, i sogni.

dalla prefazione di Gianni Spinelli

La tirannia della memoria

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