La spiritualità dei nostri avi nelle orazioni popolari dialettali

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Raccogliendole negli anni dalla viva voce degli anziani, Carmela Dacchille ha recuperato le “orazioni” (razzièunǝ in dialetto), il tipo di preghiera orale, privata e formulata del cosiddetto esercizio del cristiano raccomandato già da Ippolito di Roma (intorno al 215).
Una volta pregare era come respirare. Sin dalla nascita la vita del paese era conformata a quella dei monaci. La giornata era regolata dal suono delle campane, le stagioni erano scandite da preghiere connesse al calendario liturgico al quale erano legate le previsioni del tempo, del raccolto e gli stessi lavori agricoli.
Le donne, nei pomeriggi estivi, ritrovandosi nei claustri per cucire e ricamare, alleviavano il loro lavoro con la recita del rosario. Anche per loro il motto era “ora et labora”.
Proprio perché il sentimento religioso era come il respiro, di religiosità e conoscenza biblica erano impregnati anche molti proverbi e modi di dire riguardanti la vita, la morte, la sorte, gli angeli, i diavoli, le virtù e i vizi.

La spiritualità dei nostri avi nelle orazioni popolari dialettali

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