Antonio Motta incarna, io credo, l’intellettuale tipico del Sud: cultura lunga e accensione naturale immediata, non c’è pagina sua che non brilli di questa istintiva sensibilità e insieme di una macerazione letteraria che se arriva al presente parte però dalle origini ancestrali della storia letteraria. Quando passeggia sotto il cielo della sua Puglia, questo duplice modo di essere si acuisce all’estremo. Diciamo che Motta raggiunge la sua personale felicità e così facendo la comunica a chi lo legge. Sarà perché io amo questa specie singolare di scrittura che è il paesaggio rispecchiato da occhi innamorati, che sanno guardare, che non vedono soltanto: quanti ci vivono accanto ci guardano e non ci vedono, alzano gli occhi al cielo e nelle loro pupille restano solo i tristi frammenti del vivere sulla terra.
Gina Lagorio
Antonio Motta è nato e vive a San Marco in Lamis, comune garganico dove dirige il Centro di Documentazione “Leonardo Sciascia – Archivio del Novecento” e i fogli della collana omonima. Editore dell’opera dialettale di Joseph Tusiani, si è occupato a lungo di letteratura meridionale, come pure di scrittori italiani e stranieri che hanno avuto rapporti con la Puglia. Ricordiamo Oltre Eboli: la poesia (1979); La terra dell’Ofanto (1998); Ritratti esposti. Mostra fotografica di poeti e scrittori pugliesi e non del Novecento (2003). Autore di numerosi saggi su Sciascia, ha pubblicato in Svizzera Giorni felici con Leonardo Sciascia (2004). Dirige la rivista semestrale «Il Giannone» e collabora, tra l’altro, a «Belfagor», «Nuova Antologia», «incroci», «Quaderni del Fondo Moravia».