La poesia di un grande giornalista pugliese.
Cettina Campione, che è stata affianco al marito tutta la vita, dice che Michele usava commentare o ricordare ogni avvenimento con una poesia. Cettina dice anche che quest’uomo, dolce e appassionato, trascorreva molte ore sul luogo del lavoro o in giro per convegni, conversazioni e presentazioni di libri, ma che quando rientrava aveva sempre con sé una manciata di parole tracciate su un taccuino. Era il suo modo di conservare le emozioni e le impressioni del momento. La vita vissuta in forma di poesia o compressa nel verso. Perciò la raccolta qui presentata è un’autobiografia in versi, la descrizione, con frasi spesso prosastiche, ma che vanno a capo a un terzo o a metà foglio, di riflessioni e di cronache familiari e personali. […] Una scrittura colloquiale sistemata in versi, che spesso sono prose e continui a capo descrittivi propri del sistema poetico. Altre volte una ricerca di aforismi e di descrizioni sintetiche. Michele non si preoccupa di scremare, perché la voglia di comunicare al foglio è prepotente, il bisogno di esternare supera quello di sorvegliare la resa formale. Il giornalista si fonde e si confonde col poeta. E la poesia che sgorga si inserisce in quella linea antiermetica fiorita all’indomani della seconda guerra mondiale col gruppo romano di Portonaccio. La colloquialità vince sull’ermetismo, lo scialo della parola libera, pure nella sua essenzialità, è palese. Esplode la parola che racconta i flussi della coscienza e che offre alla pagina riflessioni continue intorno alle cronache della vita.
Raffaele Nigro